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Che fanno gli Ikhwan?

Se ne parlava da tempo ma la conferma ufficiale di Mohammad Badie è arrivata ieri: i Fratelli Musulmani stanno per lavorando alla creazione di un partito politico, Horreya wa Adala (Libertà e Giustizia), “aperto a tutti gli egiziani che vorranno accettarne programmi, politiche e visione”. Nonostante questa apertura, tuttavia, il movimento continua a ritenere “inopportuna” un’eventuale candidatura di donne e copti alla presidenza del partito.

Nulla di nuovo sotto il sole? Sì e no. La creazione di un soggetto politico procede nella direzione intrapresa dall’ala riformista del gruppo. L’introduzione del criterio esclusivo per la direzione del partito è l’ennesima concessione alla corrente da’awy del movimento, arroccata su posizioni conservatrici e identitarie. Insomma una situazione estremamente fluida in cui molti nodi devono ancora essere sciolti: non ultimo quello cruciale dell’articolo 2 della costituzione, giustamente rilevato da Lorenzo su 30 Secondi (vedi anche qui).

La posizione nei confronti delle minoranze e quella della religione nella vita pubblica sono filoni importanti per comprendere le dinamiche interne del movimento, perché rappresentano plasticamente la condizione e il progetto dei movimenti islamisti moderati: preservare la corrente tradizionalista e, allo stesso tempo, accomodare le pressanti e piuttosto secolari richieste di quella riformista.

Questa è una contesa dall’esito estremamente incerto, perché lo scenario in cui si svolge è cambiato radicalmente con la dipartita di Mubarak. E c’è chi pensa al peggio, come Issandr El Amrani ad esempio, che non ha gradito il recente “rapprochement” tra esercito e islamisti. Un timore condiviso da Samir Amin, secondo cui sarebbe lecito aspettarsi la creazione di un regime militar-islamista stile Pakistan, funzionale esclusivamente a preservare il controllo militare e poliziesco di regione e paese.

Ora, lo scenario paventato da Amin non è da escludere. Come giustamente ricorda l’intellettuale egiziano i Fratelli Musulmani da tempo coltivano importanti connessioni nei settori chiavi, esercito e potere giudiziario in particolare. E non c’è dubbio che la classe dirigente del paese, attualmente orfana di rappresentanza politica, potrebbe  fare concessioni importanti ad un gruppo che rappresenta il 20% dell’elettorato. Bisogna considerare tuttavia che l’eterogeneità alla base del movimento, da molti percepito come unico effettivo canale di dissenso sotto Mubarak, e l’apertura del sistema politico potrebbero instaurare anche delle dinamiche virtuose.

Se la transizione porterà ad una competizione elettorale, come assicurato più volte dall’esercito, il partito dei Fratelli Musulmani si troverà infatti a competere con altri soggetti politici che potrebbero insidiare quel 20% di elettorato. Se vorrà arginare questa fuga verso il centro l’organizzazione dovrà fare concessioni significative alla corrente riformista e alle giovani generazioni, che da tempo chiedono alla vecchia classe dirigente di farsi da parte e di creare un partito indipendente dall’organizzazione. Una scelta diversa potrebbe ridimensionare il peso politico degli Ikhwan a beneficio di quello che, ad oggi, è il primo ed unico partito islamista egiziano: il Wasat Party co-fondato nel 1996 dall’ex-membro dei Fratelli Musulmani Abu al-‘Ala Madi.

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Questa voce è stata pubblicata il 22/02/2011 da in Commenti con tag , , , , , , , .

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